Nessuno merita di subire prepotenze: il bullismo in ambito scolastico
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- Scritto da mauro
Si basa su una rigida e ripetitiva differenziazione dei ruoli tra chi esercita il ruolo di prepotenza e prevaricazione (bullo e gregari) da chi ne subisce gli effetti; in questo senso la vittima non ha spazio per sperimentarsi in un ruolo differente in quanto rappresentato anche a livello fantasmatico, all’interno della cognizione del bullo e dei rispettivi gregari, come l’elemento fastidioso, strano, debole, che deve essere sottomesso e che si deve sottomettere. Ciò è il frutto delle intenzionalità pianificate dal bullo e del suo orientamento aggressivo finalizzato alla creazione ed al mantenimento di un rango di predominanza all’interno del gruppo. Nella struttura relazionale patologica e viziosa che si crea, quando il fenomeno del bullismo è sufficientemente stigmatizzato, anche i gregari, gli spettatori passivi, gli adulti indifferenti e la vittima stessa, contribuiscono inconsapevolmente al mantenimento dei circoli relazionali disfunzionali e della rispettiva rigidità dei ruoli.
Si basa su una relazione sistematicamente mantenuta su un piano asimmetrico; ciò è dovuto ad un’irregolare disequilibrio di forza e potere a vantaggio evidentemente di alcuni soggetti rispetto ad altri: forza fisica, maggior dominanza e leadership negativa all’interno del gruppo, maggior potere relazionale da parte del bullo all’interno del suo gruppo, rispetto alla vittima. In questo senso il bullo non è necessariamente un soggetto emotivamente deprivato o incapace sul piano relazionale, ma è spesso al contrario molto competente nel gestire la propria relazionalità, anche se in modo distorto (ha generalmente più amici della vittima, è più disinibito socialmente nel senso che si pone meno problemi o nessun problema rispetto alle conseguenze dei propri comportamenti sul piano della relazione).
È intenzionalmente e volontariamente orientato allo scopo di creare disagio attraverso comportamenti pianificati nell’obiettivo di creare danno alla vittima: non è un caso che le prevaricazioni vengono agite il più delle volte negli spazi e nei momenti in cui il controllo dell’adulto è assente o carente.
Gli episodi di bullismo orientati verso la vittima predestinata vengono agiti in modo ripetitivo e continuativo nel tempo con l’appoggio o con la copertura di soggetti che agiscono come gregari i quali attivamente contribuiscono ad alimentare gli atteggiamenti ed i comportamenti prevaricatori e contribuendo ad aumentare l’immagine deumanizzata della vittima, la quale viene attivamente isolata e stigmatizzata ulteriormente. In questo senso la vittima si sente la vera responsabile dei processi di esclusione e stigmatizzazione sociale che subisce, quindi si vergogna e tende a nascondere ciò che le accade, oppure si isola dal gruppo o viceversa aumenta in modo eccessivo i suoi comportamenti di ricerca “compulsiva” dell’approvazione da parte del bullo e del gruppo attraverso atteggiamenti e comportamenti generali di compiacenza forzata. Ciò è legato anche alla sensazione di paurae ansia che la vittima sperimenta, sia per ciò che potrebbe accadere nell’attualità, sia per ciò che potrebbe accadere verosimilmente in prospettiva, nell’ipotesi in cui non riuscisse ad assecondarsi l’accettazione degli altri.
Produce negli spettatori attivi e passivi emozioni e reazioni differenziate che quanto più si mantengono sul piano dell’ammirazione verso il bullo per la sua “forza” apparente, piuttosto che sul piano della passività e dell’indifferenza omertosa, piuttosto che sul piano della sottovalutazione del fenomeno e delle sue conseguenze, contribuiscono al suo mantenimento.
Forme del bullismo
Credenze disfunzionali sul bullismo
In questo senso è spesso pregiudizievole l’idea disfunzionale del bullo (stereotipo) come soggetto debole e svantaggiato da tollerare, in quanto proveniente da contesti sociali, culturali o familiari di disagio. Al bullo viene automaticamente attribuita una condizione di disagio emotivo che trova espressione attraverso i suoi comportamenti prevaricatori, vissuti appunto come espressione di un disagio non tanto da limitare e contenere, ma da tollerare. A parte l’idea disfunzionale della tolleranza senza contenimento e limitazione, è spesso errata anche l’idea del bullo come soggetto sociale fragile: non sempre i bulli provengono da contesti familiari disagiati e non sempre sono soggetti incompleti e incompetenti da un punto di vista delle abilità personali, verbali e sociali che al contrario utilizzano per scopi prevalentemente dominanti ed offensivi verso le vittime designate.
Il bullismo è un fenomeno che si sviluppa solo in contesti sociali e scolastici particolarmente disagiati e degradati: questa credenza ha un effetto sostanzialmente disfunzionale in quanto pone il sistema organizzato all’interno del quale si verificano i comportamenti di bullismo (classe, scuola) nell’ottica di sottovalutarli in quanto fenomeni che si verificherebbero solo in contesti altri, di basso livello e profilo. Di certo i fenomeni di bullismo, che non si verificano solo in contesti disagiati, evidenziano una patologia dell’organizzazione all’interno della quale si sviluppano, e quanto meno l’incapacità o l’insensibilità degli adulti dell’organizzazione di accorgersi quanto i soggetti evolutivi dei quali dovrebbero occuparsi, stanno male all’interno del loro contesto scolastico.
I protagonisti del fenomeno del bullismo
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Il bullo;
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La vittima designata;
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Il gruppo di persone che assistono alle prepotenze in qualità di spettatori;
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Il gruppo di soggetti o le singole persone che pur avendo un ruolo all’interno del contesto relazionale dove si verificano gli episodi di bullismo, evitano di prendersi carico del fenomeno per varie motivazioni;
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All’interno della categoria del bullo è necessario distinguere i bulli che hanno un ruolo dominante ed attivo nell’esercizio delle prepotenze sulla vittima, dai bulli che assumono un ruolo di aggregazione (gregari) in qualità di spettatori rispetto ai comportamenti inadeguati verso la vittima.
2. Anche all’interno della categoria della vittima è possibile fare alcune considerazioni di qualità e di differenziazione in relazione alla tipologia e modalità generale con cui si pone ad esempio all’interno del contesto relazionale.
Mancanza di intervento da parte degli adulti responsabili del contesto, mancata conoscenza dei fatti, piuttosto che tendenza a sminuire la gravità dell’accaduto, piuttosto che tendenza a ricondurre i comportamenti a normalità relazionali fisiologiche, legate all’età e all’esperienza relazionale necessaria. Altre volte l’atteggiamento degli adulti di riferimento diventa velatamente “persecutorio” nei confronti della vittima che al contrario viene classificata come lamentosa, non capace di adattarsi e accettare le fisiologiche dinamiche relazionali del gruppo.
Convinzioni e timori della vittima, la quale si costruisce un’idea di irreversibilità ed insormontabilità di ciò che accade e di ciò che deve subire. Altre volte tale credenza si aggancia all’idea disfunzionale di meritarsi tale trattamento, come conseguenza della propria inadeguatezza relazionale. Non per ultimo anche il timore di ulteriori ritorsioni, a maggior ragione in un contesto di gruppo, dove la “cintura” relazionale degli adulti di riferimento non valida gli stati emotivi della vittima e non interviene nella gestione del problema.
Furbizia del bullo e atteggiamenti di copertura del gruppo nel mascherare l’accaduto o nel giustificarlo arbitrariamente come una conseguenza derivata dai comportamenti della vittima.
Conseguenze emotive sulla vittima
Le conseguenze degli atti sistematici di prevaricazione sui soggetti che ne sono vittima possono essere oltre che fisiche anche psicologiche, emotive e relazionali.
La vergogna è un’emozione simile all’ansia per certi aspetti relativi all’attivazione fisiologica, ma differente per quanto riguarda la posta in gioco, cioè l’immagine di sé: l’attivazione del rossore ad esempio è spesso associata all’idea di aver fatto o detto qualcosa di non adatto al contesto ed al rischio che l’altro scopra e valuti negativamente non solo quanto fatto o detto, ma la persona integralmente.
La tristezza e la colpa derivano da una rappresentazione di irreversibilità di ciò che accade e da una autoreferenzialità dell’accaduto.